martedì 25 marzo 2014

Nelle vie deserte e desolate

Voi non potrete mai capire quanto mi piaccia andare a camminare da sola in mezzo al verde. 
In campagna. In queste vie deserte e desolate. Non c’è nessuno, solo io e la natura. Niente traffico. Niente rumori. Niente.

Perché lo so che non sembro il tipo ma io vedo sempre quei programmi televisivi su Nat Geo, quei documentari sulle piante.
Infondo cosa c’è di più appassionante e avvincente di un documentario sulle piante? Un documentario sui leoni, per esempio. O sui piranha. O sui cannibali. Ma non per me, io preferisco la flora.

Son diventata proprio brava ad identificare e classificare tutte le piante che mi circondano, 
"guarda una quercia! Ah no, è un’acacia". 
"Prendo un po' di salvia per il filetto di stasera, ah no, era ortica!” e intanto continuo a camminare perdendomi in queste vie deserte e desolate. 

Ci son solo io e altri come me. Sempre gli stessi e ormai ci conosciamo bene, 
c’è “la vecchia che cerca il gatto bianco” che ti chiede,

“scusi signorina, ha visto la mia Trilli?”
“Eh no signora, mi dispiace”
“Trilli è il mio gatto. È tutto bianco, bellissimo. È troppo bello me lo vogliono rubare. Me l’hanno rubato. Sei stata tu a rubarmelo vero? È troppo bello Trilli! Sei stata tu, vero? Stronza, ridammi il mio gatto!” 

ogni volta così, che carina, ma non ditele che non vi piacciono i gatti altrimenti vi inseguirà con della pece bollente. Esperienza personale.

Poi potete incontrare “il bambino che ride”. Che è sempre bello sentire la risata dei bambini. E poi in mezzo alla natura: impagabile. Però dopo un po’ anche basta, perché la risata dei bambini è bella ma se prolungata fino a tarda sera diventa leggermente inquietante. Quindi anche basta.

E infine c’è “quel ragazzo che parla sempre al cellulare con gli auricolari” che con il tempo ho rinominato “quel ragazzo che sembra parli al cellulare con gli auricolari ma in realtà non li ha gli auricolari. Né il cellulare” insomma “quel ragazzo che parla da solo”. 

E quindi niente, mi piace tantissimo camminare fra queste vie cercando erbe e piante, imparando sempre cose nuove di botanica e un giorno chissà, magari, riuscirò a diventare per una sera la protagonista del mio programma televisivo preferito, 
“Chi l’ha visto?”.

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martedì 18 marzo 2014

Eppure a me non sembra difficile

Sono qui, in mezzo alla strada, con la macchina bloccata e allora mi stavo chiedendo,
secondo voi quanti punti esclamativi devo mettere all’ ”ho bucato” 
per far passare il messaggio 
“amore, alza il culo e vienimi a prendere”? 

No, perché adesso non capiscono.
Adesso gli devi spiegare tutto.

Con questa scusa della parità credono che quando dici, 
“tesoro, è finita l’acqua” 
poi dopo non siano loro a doverla andare a prendere in garage.

Eppure a me non sembra difficile.

Se dico “stasera carne alla griglia” tu, uomo, sai che dovrai passare la serata in giardino a preparar la griglia, appunto.

Se dico “scusa Giulio, ma noi non avevamo quell’ombrellone rosso?! Venerdì volevo andare al mare e non lo trovo più”, caro Giulio scordati il calcetto del giovedì perché mi sa che hai altro da fare.

Se dico “non si accende più la luce in bagno” tu devi salire sulla scala e cambiare la lampadina.

A me sembra semplice.

E invece così non è, adesso quando dici,

“tesoro, certo che qui ci vorrebbe una mensola” 

credono che tu poi prenda la macchina, guidi fino al Brico, compri chiodi, martello, una salopette in jeans, una camicia a quadri coordinata e te la monti da sola, la mensola.

Ma dico io, ma già è tanto che sappia cos’è il Brico, che solo per questo mi merito una birra ghiacciata con rutto libero il mercoledì di Champion mentre guardo a te che mi monti la mensola dove voglio io. O no?

A me sembra chiaro.
E se mi credete all'antica a me va bene, ma adesso a cambiare questa dannata gomma chiamatemi una suffragetta.

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martedì 11 marzo 2014

Controllati, fermati e cancella

Io dico basta.
Stop.

No, perché uno magari ci può anche passare sopra,
la prima volta,
la seconda,
la terza,
la quarta, 
la quinta e poi anche basta. 
Io alla quinta dico anche basta.

Che non è tanto che non si può sbagliare, figuriamoci.
Tutti possono sbagliare, sia chiaro, pensate che io ho fatto gli Scout. 
No, per dire che anche io i miei errori li ho fatti.
Però, come ho già detto, alla quinta volta che fai lo stesso errore io dico anche basta.

Perché la prima volta pensi,
va be’ magari ho sbagliato io e non mi sono accorta.
La seconda,
va be’ ha sbagliato lui ma magari non si è accorto.
La terza,
va be’, dai, ha sbagliato, capita.
La quarta,
va be’, è vero, ha sbagliato ma non è successo niente.
E la quinta no. Alla quinta basta. Alla quinta,

"Oh ma ti svegli?!", gli devi urlare. E forte.
Come minimo, poi. Perché altrimenti non capisce. Perché altrimenti non capirà mai che a te può dar fastidio se continua a sbagliare sempre sulla stessa cosa.

E quindi non fate come me che all’inizio facevo finta di niente: inviate quelle segnalazioni di errori a Microsoft perché è giunto per lui il momento di sapere, secondo me. 


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martedì 4 marzo 2014

A me gli occhi

Io credo che quando mi passerà tutta la vita davanti agli occhi, quando la rivedrò ben bene tutta e penserò, 
qui hai sbagliato, qui hai fatto bene, certo che quel colore ti sbatte proprio, ma come hai fatto a comprare la Fiat per due volte consecutive, non avevo i soldi, ah, già 
e tutte quelle cose che si pensano quando ti passa davanti agli occhi tutta la vita, almeno per un buon sessanta per cento del totale vedrò me stessa che aspetta una mail.

Ci scommetto. 
Io, davanti al computer, che aspetto una mail. 

Certo dovrei credere a quella cosa che ti passa davanti tutta la vita.

Secondo me sarà più una questione di attimi, di sguardi.
Ecco sì, secondo me ci saranno solo gli sguardi.

Perché di certi sguardi non ti puoi scordare, ti rimane tutto intrappolato negli occhi. 
A volte ti fanno paura.

Come quelli del mio macellaio.

Il mio macellaio soffre di un grosso strabismo. 
Ma non di quel tipo che, senza aver nessuna nozione di oculistica, definirei convergente sul naso. No, l’occhio destro del mio macellaio punta in alto, all’infuori, verso destra e quello sinistro, in basso, all’infuori, verso sinistra. Be’, direte voi, e cosa c’è da aver paura?

Bene, immaginatevi la scena, quattro persone nel negozio, quattro clienti come te, disposti nei quattro punti cardinali, e il macellaio con quei suoi due occhi fissi su due punti diversi contemporaneamente,

- Tocca a te, vero? Dimmi pure.     

E noi quattro lì, che ci guardiamo negli occhi al di là della vetrina e che non sappiamo davvero cosa dire. Che non sappiamo proprio se rispondere. Dirà a me? Dirà a lui? 

- Dimmi, dimmi pure.

E allora tu cominci con la paura negli occhi di chi non sa se sta facendo bene, 
- ecco io vorrei, io vorrei…
Cambiare macellaio, l’unica cosa che potevo fare perché a certi sguardi non puoi resistere.

A volte invece sono sguardi di felicità come quando a Natale ho ricevuto quel pesce rosso che desideravo tanto e ho chiamato “Avevo Detto Che Volevo Un Cane” tutto attaccato, 
hai cambiato l’acqua ad AvevoDettoCheVolevoUncane? 
Hai dato da mangiare ad AvevoDettoCheVolevoUncane?
Hai portato a spasso AvevoDettoCheVolevoUncane?
Ancora mi ricordo, fantastico.

Ma lo sguardo che son sicura mi rimarrà più impresso è uno che in realtà non so nemmeno decifrare appieno: un misto di stupore ed incredulità, ma anche disapprovazione e disgusto, ed è lo sguardo che si è materializzato sulla faccia dei miei genitori quando ho detto loro che avrei fatto Scienze della Comunicazione. 

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