martedì 29 ottobre 2013

Una storia dell'orrore


"Guarda che la Lalla non è morta",

dico a mia madre entrando nel salotto senza neanche salutare, lei sembra non capire e mi guarda accarezzando la zucca con la mano. 

Non la testa. 
La zucca, l'ortaggio. 
Perché tra un po' è Halloween.

E allora io continuo.

"La Lalla, ti ricordi? Mi avevi detto che era morta e, invece, l'ho appena vista guidare la macchina". 

"No, Roberta, la Lalla è morta purtroppo".
Risponde mia madre serena.

E allora io insisto.

"Ah va bene che adesso la patente la danno proprio a tutti, ma ehi, devi essere perlomeno viva a quanto mi ricordi. E la Lalla lo è, mamma".

"No ti dico".

E così continuo ancora un po' perché sapete com'è quando si pensa di aver ragione!?

"L'ho appena vista, è solo tornata al nero. Oh strana comunque questa cosa che passa dal nerissimo al bianco di capelli da un giorno all'altro. Comunque è vivissima. Ah, certo, a meno che non sia un fantasma. Uh. Uh. Uh". 

Ed è a questo punto che forse ho cominciato ad esagerare come fa chi pensa di aver ragione.

"Il fantasma della Lalla, direttamente dall'oltretomba proprio ad Halloween e la cosa più paurosa, mamma, è che hanno le Smart. Uh. Uh. Uh".

E allora mia madre risponde senza scomporsi troppo come fa chi ha ragione.
"Quella è la gemella". 

E viene fuori così che esistono due Lalla. 
In realtà esiste una Lalla e una Lella, le due gemelle. 
Lalla e Lella. 
E che sono sempre state gemelle, pensate. 
E che io, e solo io, ho sempre pensato fossero la stessa persona.

Ed ecco spiegati tutti quei cambiamenti di colore nei capelli.
In realtà una è sempre stata bianca e quell'altra, invece, preferiva la tinta nera.
Certo questo spiega anche il perché quando incontravo la vecchina in bianco mi salutava e quando invece incontravo quella in nero, no.
Per intenderci insomma, la Lalla bianca sapeva il mio nome e mi diceva di passare a casa sua che aveva messo a raffreddare la crostata di mirtilli mentre la Lalla nera chiamava la polizia se solo provavo ad avvicinarmi al suo balcone e ai mirtilli non pensava proprio.

Tutto questo per dire cosa?
Oltre al fatto che non ho un buon senso dell'osservazione, a quanto pare, e anche per rettificare a chiunque abbia mai detto "sì, io l'ho conosciuta una persona bipolare" con "no, non ho mai conosciuto una persona bipolare" è che esiste sempre una spiegazione razionale per tutto e che quindi sì, questa cosa di Halloween e della notte dei fantasmi è 'na fregnaccia.

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martedì 22 ottobre 2013

cinquemila quattrocento settantacinque giorni

Proprio ieri mi ha chiamato l'informagiovani: aveva sbagliato numero.

Sì, perché se c'è una cosa che non sono più è essere giovane. Finalmente.
Sì, perché se son contenta di una cosa è proprio questa, di non essere più giovane. 
Anche perché c'ho fatto caso: ogni volta che qualcuno inizia una frase dicendo "quando ero giovane" la finisce con qualcosa di stupido,
"ah sì, mi ricordo, come quando ero giovane è andavo a dar da mangiare ai leoni dello zoo dentro la gabbia".
"Ah sì, mi ricordo, come quando ero giovane e in vacanza in città portavo lo zaino da campeggio al posto del trolley".
"Ah sì, mi ricordo, come quando ero giovane e ho fatto la tessera di MondoLibri".

Insomma cose davvero molto stupide.
Del resto è l'adolescenza.

Secondo me dovrebbero aprire dei centri di sostegno e di recupero proprio come per gli alcolisti anonimi. 
Quei centri in cui si sta a sedere in cerchio e si parla uno alla volta,
- ciao a tutti, sono Roberta, e non sono più adolescente da cinquemilaquattrocentosettantacinque giorni ormai.
- Ciao Roberta.

Sì, un aiuto ci vuole proprio, perché quando si è adolescenti non solo si fanno cose molto stupide ma si pensa anche di avere ragione, perché noi siamo veri e voi siete,
"falsi, falsi, siete degli ipocriti. Ma io non sono come voi, siete falsi. Falsi. Ipocriti. Falsa, sei falsa, le cose le devi dire davanti alla faccia, falsa. Falso. Falso. Falsa".
Tanto che quando guardo alcuni programmi televisivi della De Filippi e ci sono questi signori e signore di mezza età che urlano di essere,
"finti, siete finti, state qui solo per le telecamere" io mi dico, 
"ah ma voi ancora a questo punto siete?! Forse allora non è un problema di adolescenza".

Ma ecco, infatti, non abbiamo ancora parlato del fondamento di un adolescente: i problemi. 
Per esempio io mi ricordo che li ho avuti tutti,
"non farò mai quello che mi piace nella vita perché deluderei i miei genitori e loro mi amano troppo. Nessuno mi ama perché sono brutta, ma sono così bella che nessuno mi giudicherà per la mia intelligenza, dio, quanto sono stupida" e il bello è che questo ragionamento nasceva e moriva nell'arco di un nano secondo. 

Ma è giusto così, se sei adolescente devi avere dei problemi, tanto il vero problema è proprio quello: sei adolescente. 

Anzi a questo punto mi sento di darvi un consiglio: diffidate sempre da chi durante l'adolescenza non ha avuto problemi. Sapete quelli, 
"no, ma io coi miei genitori sono sempre andato d'accordo. La scuola? Sì, dai, piuttosto bene. Ribellarmi? E a cosa? No, no, ho fatto sempre il mio dovere".
Dai, ma che palle sono?! Andiamo.
Sì, perché durante l'adolescenza devi stare male, è come una malattia. Ecco, infatti, è una malattia. L'adolescenza è una malattia. E dovresti stare in casa e non uscire più finché non ti passa,

- Eh no, Mattia non può uscire stasera, ha preso l'adolescenza. Eh no, non credo neanche domani, no. Eh sì, ieri si è messo a letto che non sapeva cosa aveva. Poi stamattina quando si è alzato ha cominciato a trattarci male tutti. Mammamia che roba. Eh sì, sì, l'ha proprio presa in pieno. No. No. Non esce, lo tengo a casa. Prova a richiamare fra dieci anni. 

Sarebbe davvero un mondo migliore.

Comunque, in fondo, non possiamo lamentarci anche così, perché come tutte le cose anche questa ha un suo lato positivo e io me lo ripeto sempre. E dovremmo ripeterlo tutti: dai, Robbé, superata l'adolescenza è tutta discesa.

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martedì 15 ottobre 2013

Le parole che non so


Adoro fare le parole crociate.
Ovvio che sono negata, si intende. Ma mi piace.
Mi sforzo, ci penso tantissimo, ma per me tutte le definizioni si possono risolvere in "mmm, coso, lì".

Ha scritto la Divina Commedia.
Mmm, coso, lì.
Mammifero acquatico.
Mmm, coso, lì.
Sfocia nel Mar Mediterraneo.
Mmm, coso, lì.

Che diventa poi, 
"mmm, non me lo ricordo, eppure lo sapevo, che nervoso", 
fino ad arrivare a, 
"va be', dai, faccio le definizioni piccole".

Non mi interessa, mi piace.
Mi fanno sentire importante: è come se dicessi al mondo 
"ehi, guardatemi, sto facendo le parole crociate".
Ad un mondo che ovviamente sta facendo altro, qualcosa di socialmente utile per esempio, ma a me non importa io resto nella mia inutilità delle parole crociate.
Quando salgo su un treno mi piace far vedere a tutti che sto facendo gli schemi liberi, quelli che sono infondo alla Settimana Enigmistica, quelli difficili, quelli grossi.

Mi immagino i loro discorsi,
"ah questa signorina sta facendo le parole crociate. Quelle grosse poi. Da sola. Farà un Ghilardi? O forse un Limoni? Non sarà mica un Bartezzaghi?".
E io vorrei dir loro,
"sì, sì, è un Bartezzaghi".
Ma mi trattengo.

Come il controllore, del resto, che so che muore dalla voglia di dirmi,
- signorina le serve niente, ha bisogno di qualcosa per concentrarsi con quelle difficilissime parole crociate?
- No niente, grazie. 
- Si figuri, se cambia idea basta che mi chiama, le lascio il walkie-talkie che usiamo solo per le emergenze. Lei non si faccia scrupoli però, lo usi.

Perché le parole crociate sono così: avvicinano le persone.
Come con i miei genitori, anche loro comprano la settimana enigmistica e a volte quando non sanno alcune definizioni chiedono a me.

Una volta mia madre mi ha chiamato che ero al lavoro,
- Roberta, questa la sai tu, 43 orizzontale, tre lettere: sostanza stupefacente a base di acido lisergico.

Sì, perché mia madre pensa che io conosca tutte queste droghe. 
Chissà per chi mi ha preso. 
Le uniche droghe che conosco sono quelle citate su Breaking Bad, una serie televisiva americana che ha per protagonista un professore di chimica che quando scopre di avere un cancro ai polmoni inizia a cucinare metanfetamina e a venire a contatto con la malavita locale. E tra l'altro io sto dalla parte della moglie che è contro le droghe.

Ma va bene lo stesso perché mi piacciono le parole crociate.  
- Adesso non posso mamma, sto al lavoro, magari passo stasera e ci ragioniamo un po'.
Sì, perché da me è proprio una cosa di famiglia, una passione seria: i miei genitori sono così presi che si sono specializzati.
Mia madre si dedica alla storia e alla letteratura mentre mio padre è un asso in economia e in geografia.
Loro lo sanno che io sono una schiappa in tutto e anche se non lo ammetteranno mai so che mi accettano nel loro gruppo solo perché so fare una ricerca su Google. 
Ma mi va bene lo stesso perché mi piacciono le parole crociate.

E a volte mi prendo le mie soddisfazioni:
37 verticale, è famoso per il suo "Urlo".

Mio padre, ingegnere, ha proposto Munch.
Mia madre, farmacista, Whitman.
Io, scienziata della comunicazione, mmm, coso lì, Tarzan.

Era Tarzan.

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martedì 8 ottobre 2013

In cucina con tuttavitarobi #1 (Food Blogger Wanna Be)


Cavalcando gli attuali trend del web marketing potrei far diventare questo blog un blog di cucina.
Me lo sento tantissimo: diventerò il nuovo punto di riferimento culinario della blogosfera. Diventerò una food blogger. 
Anzi no, diventerò la food blogger. 
Perché non per vantarmi ma io in cucina mi sono sempre distinta. 
Cioè, secondo me, son proprio nata per occuparmi di cibo, non per niente ho quasi sempre fame.

Devo solo trovare un nome accattivante per il blog,
ho già pensato a queste tre versioni,

"in cucina con tuttavitarobi, infondo non è mai morto nessuno" perché è importante tranquillizzare il visitatore;
oppure,
"non era meglio andare a cena fuori?", con il punto di domanda finale perché è sempre essenziale instillare il dubbio;
o anche, 
"mi ricordo di quella sera che ho preparato una cena per 15 persone e avevo solo un cavolfiore e un laccio da scarpe, il blog" e questa versione, signore e signori, rappresenta la vita vera, la vita vissuta ed è proprio perfetta per un blog.

Che ne pensate?

E poi la grafica, certo, design essenziale, toglierò i pesci qua sopra. 
O forse no, potrei lasciarli così quando qualcuno verrà sul blog penserà,
"ehi, ci sono dei pesci, è sicuramente un blog di cucina".

Ci metterò un sacco di immagini di dolci e di pasta e la carne, ma anche la frutta e la verdura per non far sentire una minoranza i vegani. Ah, già.
Va be' comunque foto, foto e ancora foto, tutte fatte da me, anzi devo ricordarmi di non mangiare tutto quello che fotografo altrimenti si chiamerà,
"dio quanto odio questo mio blog di cucina".

E poi ovviamente "content is the king" che, lo spiego per chi non è del settore, significa solo una cosa, originalità. E quindi i miei post saranno pieni di novità e di dettagli e di cose che nessuno avrà mai sentito negli altri blog di cucina.

Me lo sento, andrà benissimo.
Anzi comincio fin da ora e parto proprio dalla ricerca perché non voglio commettere l'errore di credere di sapere tutto di cucina e magari mi mancano i fondamentali.
E quindi ho una domanda per voi.
C'è una cosa che proprio non capisco della cucina. 
E poi, guarda tu la coincidenza, è con questi primi freddi che ogni anno mi fate venire questo dubbio.

Non lo so perché, ma ogni anno è sempre la stessa storia.
Succede più o meno così, 
fuori piove, fa freddo ed io quasi ingenuamente dico,
- ah stasera non vedo l'ora di farmi un bel minestrone.
E allora voi,
- Prendi quello surgelato?
Ed è proprio questa la cosa che non capisco:

ma in che altra versione esiste il minestrone?

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martedì 1 ottobre 2013

È il karma

"Ah Sasha?! Che bel nome, Sasha".
Ecco, c'è solo un caso nella vita di qualsiasi essere umano sulla faccia della terra in cui è lecito pronunciare una cosa del genere,
"ah Sasha?! Che bel nome Sasha"
ed è quando Sasha è il nome del figlio o della figlia, non ho ancora capito bene, del vostro capo.
Solo quello.

Succederà più o meno così,
- Ah, allora è nato finalmente! E come l'avete chiamato?
+ Sasha.
- Ah Sasha?! Che bel nome, Sasha.

Una volta solamente e te ne pentirai per il resto della tua vita, perché è una forzatura e tu lo sai.
L'unica reazione possibile a Sasha sarebbe stata,
"ma avete avuto nove mesi di tempo per decidere il nome della povera creatura e alla fine avete scelto Sasha?!"
L'unica.

"Eh sì, volevamo essere originali" continuerà lui.
"Proprio bello, Sasha, originale, sì". dirai tu.

Va be' che anche quelli della tradizione non sono poi un granché. Personalmente sono abbastanza diffidente rispetto a tutti quei nomi il cui significato è "amato da dio", "voluto da dio", "il figlio di dio", "sono il più fico, lo dice dio", che penso sempre 
"anche meno, amico mio, anche meno".

Che poi in effetti l'originalità è importante, avete notato che tutte le bambine adesso si chiamano Emma?
Già mi immagino la scena,

"Emma, scusa, ma ti devo lasciare, è che mi sono innamorato di Emma. Come quale Emma? Emma, l'amica di Emma, quella tipa che sta sempre con Emma. Capito, Emma?".

Oppure anche per quella cosa dei matrimoni gay, sai che confusione,

"Emma, vuoi tu prendere Emma come tua legittima sposa?"
Ah già ma qui siamo in Italia, stiamo tranquilli da questo punto di vista e quando avremo questi problemi i nostri nomi saranno Marziana o Galassia o Vialattea e ci si potrà sposare sulla Luna. 
Ma in Italia no, chiaro.

O come alcuni anni fa: tutte Asia, tanto che una sera ero al pub e ho visto una di queste Asia ordinare un mojito e l'ho proprio pensato,
"ecco, sono arrivate le Asia".

Comunque davvero secondo me questa cosa dei nomi la sottovalutiamo spesso.
Quando ero al liceo per esempio uscivo con un tipo che un giorno mi fa,
"questa sera non possiamo vederci Robi perché sai, devo far compagnia a Zelinda".
E io ho subito pensato "però che bello che è che va a far compagnia agli anziani, che rinuncia ad uscire e divertirsi come farebbe qualsiasi persona della sua età. Quanto è sensibile".
Poi scopro che 'sta Zelinda che io immaginavo già con i bigodini in testa mentre si sta passando la lacca color grigio/fata turchina è in realtà Zelinda Ferri, 18 anni, bionda naturale.
Una Regina George* di un liceo di provincia che le amiche chiamano per nome e cognome,

"le feste in piscina di Zelinda Ferri sono sempre le più riuscite",
"shopping time con Zelinda Ferri",
"I <3 Zelinda Ferri".

E poi le amiche di Zelinda Ferri non si chiamano di certo Veruska. O Morena. O Roberta.
No, Zelinda Ferri esce con Lavinia, Ludovica, Carolina e Carlotta.

E va be' direte voi, fai un figlio e poi chiamalo come vuoi.
Non esageriamo, dico io, e aggiungo, state bene attenti.

Sì perché secondo me c'è quasi una legge non scritta con i nomi.
Un qualcosa che non ti puoi spiegare ma lo percepisci.
Una sorta di karma che regola il mondo e che per ogni qualvolta qualcuno è costretto a dire,
"ah Sasha, che bel nome Sasha",
i genitori di quel Sasha trovano casa vicino a chi ha chiamato Sasha il cane.


*Regina George: la bella e molto popolare del film Mean Girls.


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