martedì 25 novembre 2014

L'illuminazione

L’ho visto sull’autobus così, per caso, insieme a tanti altri.
Mi è subito sembrato diverso da tutti però non riuscivo a capire cos’era.
Cos’aveva di tanto diverso.

È stata una questione di pochi minuti eh, sia chiaro. Eppure mi ha colpito così tanto.

Forse saranno stati quei suoi modi gentili.
Il fatto che porgesse sempre un sorriso a chi si fermava a guardarlo.
E credetemi, si fermavano in molti proprio perché aveva qualcosa di diverso. Si percepiva proprio.
E non era perché era bello. Cioè, non era brutto. Però di sicuro non era quel bello che ti fermi a guardare.
Almeno non sull’autobus che sei sempre lì, pronto a vedere se si libera un posto e ad intimidire tutti gli altri che l’han visto prima di te. Cioè, io faccio così.
No, non era per la bellezza.

Forse erano i vestiti.
Ma no, non erano i vestiti. Che poi alla fine i vestiti son tutti uguali: o vanno i pantaloni a zampa di elefante e a quel punto metti una maglia striminzita sopra, così bilanci, o vanno i pantaloni stretti in fondo e a quel punto abbondi sulla maglia.
No, non erano i vestiti.

Era qualcosa di diverso ma non capivo cosa.

È sceso vicino all’ospedale.
L’ho seguito con lo sguardo per un po’, sempre per capire.
Forse il modo di camminare.
No, no, non era quello.

Però sono sicura che c’era davvero un qualcosa che lo faceva diverso da tutti gli altri ragazzi che mi è capitato di vedere negli ultimi due anni, toh.

Sono poi tornata a casa mia e ancora stavo lì che mi arrovellavo: volevo capire cos’era. Cosa aveva di tanto diverso quel tipo.

Poi, dal niente, l’illuminazione e mi sono detta,

“oggi ho visto uno senza barba”.

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martedì 18 novembre 2014

Pesce rosso

Ieri mattina, verso le nove e mezza, subito dopo colazione, ho visto di sfuggita Matteo con sua figlia Ludovica mentre, a spasso per il centro della mia città, compravano il giornale per vedere gli ultimi fatti di cronaca.

Ludovica ha circa un anno ed è la sua seconda figlia. 
Prima, ormai tre anni fa, ha avuto Giuseppe, che ha ereditato il nome e il colore rosso dei suoi capelli dal nonno paterno, Giuseppe per l’appunto, che tutti chiamavano Giuseppe, il rosso.

Matteo si è sposato cinque anni fa. 
Prima però è andato a convivere. Una decina di mesi per lo più. Dal principio in una casa in affitto poi ha deciso di comprarne una tutta per sé con un gran giardino in cui regna incontrastato Rocky, il cane più cattivo di tutti i tempi che ogni volta che passo lì davanti mi abbaia a perdifiato. E ringhia per giunta. L’unico suo nemico in grado di metterlo in soggezione è Tigro, un gattone striato che lo guarda con fare disinteressato, anch’esso di proprietà di Matteo.


Non so se ha preso pure un pesce rosso, Matteo. Penso che ci starebbe proprio bene, un pesce rosso. O una tartarughina. Certo però che alcune persone il “lo fa solo per farti ingelosire” lo prendono proprio sul serio eh.

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martedì 11 novembre 2014

Sotto pressione

“Stai mangiando troppa pizza, Roberta”, mi sono detta.
Sì, lo so, non me lo sarei mai aspettata nemmeno io da me stessa ma che volete, si cambia. Si cresce.
E poi è vero che sto mangiando troppa pizza.
È che non so cucinare. Ho fame. E allora pizza. 
Ma non posso andare avanti così e allora mi sono detta basta.

“Basta pizza, Roberta”. Devi mangiare cibi sani. Più nutrienti. Migliori. Migliori della pizza”.

MIGLIORI DELLA PIZZA? 

E via, un altro anno a cercare un cibo migliore della pizza. Passato tra l’altro a mangiare pizza. 

Comunque un cibo migliore della pizza non l’ho trovato e allora mi son concentrata sull’essere sano.
Qual è l’alimento più sano che esiste in natura? La verdura.
E allora mi son detta, “ok, devi mangiare tante verdure tutte insieme senza accorgertene: faccio il minestrone”.

Ma voi lo sapevate che il minestrone ha bisogno di una cottura di oltre quarantacinque minuti?
Sì, certo che stiamo parlando di minestrone surgelato: in che altro modo esiste il minestrone, scusatemi?

Quarantacinque minuti. Un’eternità. Almeno in confronto alla pizza.
Ma lo sapete voi quanto tempo ci vuole ad ordinare una pizza?
Che poi non so se ve l’ho mai detto ma io quando chiamo in pizzeria dico solo “ciao, sono io” e loro hanno già capito che devono fare diminuendo ancora di più i tempi.

Comunque, “quarantacinque minuti son troppi”, mi dico, “vai di pentola a pressione, Robi”.

Ora, voi dovete sapere che a me la pentola a pressione mette un po’ di soggezione.
Sì, ho sempre pensato di non essere pronta per la pentola a pressione.
Mi son sempre sentita un po’ sotto pressione, appunto.

È ormai da un po’ di tempo che vivo da sola ma non me la sono mai sentita di fare questo ulteriore passo: mi inventavo sempre scuse diverse,

“no, no, vivo bene anche così”,
“faccio prima da sola”
“non sei tu, sono io, Pentola a Pressione”.

Ma sapete com’è, si cambia. Si cresce. 
Mi convinco: la provo!

“Massì, almeno fai subito”, mi dico.

E niente, tiro fuori il libretto delle istruzioni, giro pagina e zac, mi taglio con la carta.
Cioè,

mi sono tagliata con le istruzioni della pentola a pressione: pensa tu se posso usare la pentola a pressione.

E quindi niente, ho ordinato una pizza.


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martedì 4 novembre 2014

Dai, seri

Allora ragazzi tenetevi forte che ho trovato una soluzione ad un problema che attanaglia la nostra società.
No, davvero, ho trovato una soluzione così logica che vi farà dire,
“Ehi, Roberta, ma perché non lavori alla logistica?! 
Sei sprecata per quel lavoro che fai, qualunque cosa tu faccia”.

E io vi direi “lo so, lo so”.

No, comunque bisogna che le aziende pensino seriamente alla loro logistica.
Soprattutto per quanto riguarda le spedizioni.
Una volta ho comprato un paio di scarpe sull’internet e c’è voluto talmente tanto prima che arrivasse perché dovevano fare talmente tanti passaggi inutili, che alla fine credevo davvero che ci lavorassi io alla logistica tanto che ho pensato, 
“Mammamia, ma chi c’è alla logistica, io?!”.

Va be’ comunque questo è un altro discorso ma ci tornerò.
Ah, se ci tornerò.
Basta con ‘sto blog spiritoso, sempre a far battute: cos’è questa allegria?!
No, basta.
Questo diventerà un blog serio.
Non voglio sentir ragioni.
Affronteremo temi impegnati, seri.
Già lo scorso post ho affrontato il tema degli stranieri.
E niente, continuerò su questa strada.

Blog serio, temi seri.
Blog talmente serio che sarà noioso come quei film impegnati in cui una macchina viaggia nel deserto.
Nessuno stop.
Nessun incrocio.
Nessuno parla.
Niente di niente.
Film serio.
Blog serio.

Anzi per rendere questa cosa del film serio mi sa che riprendo il blog con una telecamera fissa e metto tutto quanto su YouTube. Pensate che roba, il primo blog su YouTube. 
Ancora non so. Ci devo pensare. Pensare serio.
Non so se lo farò. (Non rubatemi l’idea però).

Comunque proprio perché questo è diventato un blog impegnato voglio affrontare con voi la tematica dei matrimoni gay.

E come vi dicevo ho trovato la soluzione delle soluzioni.
Io dico,

“se non siete gay e siete contro i matrimoni gay non vi sposate con un gay”.
Bona lì.

Eh?
Voi che ne pensate?
Fatemi sapere commentando qui sotto ma mi raccomando seri.

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