martedì 26 novembre 2013

In catene


Voi dovevate vedermi,
che sicurezza,
"sì, ma ho le catene",
che padronanza,
"sì, ma ho le catene",
Anche nella voce, nessuna esitazione,
"sì, ma ho le catene".

E il poliziotto che mi ha fermato,
"eh signorina, queste non sono gomme termiche e qui non potrebbe circolare",
non ha potuto dirmi niente,
"sì, ma ho le catene".

Dovete sapere che quando i poliziotti mi fermano vado subito in ansia e assumo quell'espressione tipica da,
"ho un cadavere nel bagagliaio". 
"Un cadavere di un ricercato". 
"Un ricercato che ha della droga nelle tasche". 
"Un nuovo tipo di droga potentissima". 
"Fatta con le lacrime di bambini".
"Bambini orfani". 

E insomma non vado avanti che tanto ci siamo capiti qual è quella tipica espressione, no? 
Perché fateci caso quando i poliziotti ti fermano sai sempre che hai qualcosa che non va nella macchina: un faro che non funziona bene, una gomma sgonfia, il tergicristallo bloccato, non hai rinnovato l'assicurazione da cinque anni. 
Piccole cose insomma ma per me, per come sono fatta io, è solo ansia.

Come quella volta che ero da sola in macchina: vi racconto la scena perché tra l'altro potrebbe essere anche divertente.
È notte, strada deserta ed ecco che vedo dietro me la volante della Polizia. Premetto che sapevo di avere una lucina rossa, quella dei freni, rotta. 
E già ansia. 
Adesso mi fermano, adesso mi fermano. 
Chiudo gli occhi, no, meglio di no, gli riapro e tutto si colora di blu: hanno acceso il lampeggiante. 
Stavo meglio con gli occhi chiusi. 
Panico, ci sono solo io: vogliono me. 
Vado avanti, non rallento. Accendono la sirena. Faccio finta di niente e continuo per la mia strada. Mi affiancano e mi fanno cenno di accostare.

Io mimo, "chi? Io?" 
Loro mimano, "sì, tu".
Io mimo, "perché?" con il classico gesto della mano che fanno gli americani per descrivere noi italiani e che noi italiani diciamo "ma quando mai: non è vero che facciamo così con la mano" facendo proprio quel gesto con la mano.
Loro con più decisione mimano, "accosta".

Va bene, accosto.
Scendono dall'auto, si avvicinano, mi dicono di abbassare il finestrino, io allora aziono una freccia, suono il clackson due volte e lampeggio, quando finalmente trovo il pulsante del finestrino,

- signorina.
- Sì?
- Ha un faretto dietro che non funziona.

Ora qui voi dovete immaginarvi il "no" più lungo e falso di tutta la vostra vita.
- Nooooooooooooooooooooooooooooooooo

Un urlo disperato, straziante. Poco credibile. E tutto perché ero in ansia. In ansia da poliziotto. 
Che poi questa cosa che ho appena raccontato è una di quelle che fa ridere solo se si è presenti. Capito quali? Che tu racconti e credi sia divertentissima e ti accorgi che nessuno ride. 

Bene, comunque ritornando alle catene ci dovevate essere: per la prima volta ero tranquilla.
Nessuna incertezza, nessuna inflessione, nessun indugio.
"Sì, ma ho le catene". 
Sembravo una che poi quando nevica le sa mettere.

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martedì 19 novembre 2013

Postcard from Heaven


Anche se molto probabilmente ha il tasso di omicidi più alto al mondo voglio andare a vivere a Cabot Cove. 
E dovreste venire anche voi.

Per prima cosa finisce sempre tutto bene, 
Jessica Fletcher ride, 
Jessica Fletcher ammicca,
Jessica Fletcher diventa cittadina onoraria, 
Jessica Fletcher in età avanzata riceve una proposta di matrimonio, che solo questa cosa dovrebbe spingerci a lasciare tutto e trasferirci per sempre perché se riesce a beccare lei a Cabot Cove, figuriamoci gli altri. 

Poi, fateci caso: se andate in tutte le agenzie di viaggio presenti sulla faccia della Terra, i biglietti per Cabot Cove li vendono sempre di "sola andata". Perché evidentemente si sta bene, no?! 

Del resto c'è lavoro per tutti, c'è lo sceriffo, il tenente, l'appuntato e il colonnello. C'è il fornaio, il panettiere e il piazzaiolo. 
Il pescivendolo e il pescatore, il cacciatore e il boscaiolo: io non ho mai sentito di Mike il disoccupato o di Jennifer, la povera ragazza che non riesce a trovare un lavoro. Mai.
E poi ognuno è caratterizzato da un segno inconfondibile: tipo lo sceriffo ha il cappello da sceriffo e il cuoco quello da cuoco e così via, che nessuno si permetterebbe di chiedere 
"scusa che lavoro fai?" 
Nemmeno ad un blogger, perché son sicura che a Cabot Cove i blogger sarebbero caratterizzati da qualche cappello che se lo vedi da lontano dici, 
"toh arriva Franklyn, il blogger". 
E nessuno quindi direbbe, 
"scusa Roberta, Social Media che?" 
Perché tutti gli abitanti di Cabot Cove a differenza dei miei genitori avrebbero già capito cosa c'è dopo il Media e ci sarebbe un cappellino all'uopo. 

E poi tutti si conoscono e sono gentili. Usano sempre termini ricercati e per dire "gioco" dicono "giuco" e per dire "denuncia" dicono "denunzia" e a me sembra di stare in paradiso tanto più che potresti morire da un momento all'altro e andarci proprio, in paradiso.

E comunque anche questa cosa degli assassinii poi è superabile perché muoiono solo i cattivi: fateci caso, chi muore è sempre il corrotto o un ricattatore. 
Lo sappiamo perché il colpevole confessa: deve farlo, perché è attanagliato dai sensi di colpa o per scagionare il primo che è stato accusato di omicidio al posto suo ma non è, e la Fletcher ovviamente lo sa, lo ha capito. 

E questo mi fa pensare che sono tutti molto buoni, o molto stupidi si intende, e spesso la differenza fra queste due cose è così sottile da non riconoscersi più. Niente, ogni volta che vogliono uccidere qualcuno, nessuno pensa mai a far fuori per prima la Signora Fletcher. No, imbastiscono omicidi perfetti degni del più feroce genio del male e non si preoccupano mai di sbarazzarsi dell'unica persona che è sempre riuscita a risalire all'identità di ogni omicida. 

Sarà colpa di quella loro memoria, un giorno un certo Jack aveva fatto fuori tre persone, non una, tre, che anche la signora Fletcher si era stupita e rammaricata di non essere arrivata prima alla soluzione del mistero. 
Passano nemmeno cinque episodi e questo Jack si ripresenta con un altro cappello e un altro nome, William, e nessuno lo riconosce,
"ma quale William signora Fletcher, questo è Jack ha solo cambiato cappello", gridi tu da casa ma loro niente, gli vogliono bene come se fosse la prima volta che lo vedono. Perché quelli di Cabot Cove sono così.

Cabot Cove è il posto ideale per vivere, basta solo non morire i primi dieci minuti.

Blog Umoristico, Umorismo, LOL, Cabot Cove, Jessica Fletcher, Sheriffo

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martedì 12 novembre 2013

Ti sta bene


Voi mi direte,
ti sta bene!
E io vi dirò,
sì, lo so, mi sta bene.

Perché è una cosa che ti insegnano fin da piccoli i tuoi genitori, i nonni, le maestre, i vicini di casa, gli spacciatori, tutti,
"non andare nella sala d'aspetto del dottore nel periodo autunno/inverno". 
Te lo insegnano insieme al "non toccare nulla nei cessi dell'autogrill", "non cambiare gestore telefonico, soprattutto non fare mai un contratto tramite telefonata" e recentemente "a svuotare la cache" come risposta al,
- non mi si vede niente, ho anche aggiornato.
+ Hai svuotato la cache? Svuota la cache.

Non ci andare nella sala di aspetto di un dottore a Novembre, a meno che tu non stia per morire, in quel caso, certo, vai, altrimenti stanne alla larga.

Io oggi sono entrata con una banalissima tosse e credo di aver contratto il tifo. 

Nelle sale d'aspetto, in questi periodi, stanno tutti male, che secondo me puoi andarci anche se stai bene e aspettare, perché una visita a quel punto è meglio che la fai visto che ti ammali lì, nella sala d'aspetto.

Tutte cose che già sapevo ma come spesso mi accade, in barba alla conoscenza, sono andata ugualmente. 

È che ero molto preoccupata per questa tosse: tre giorni e ancora non passava.
Ché io magari dico spesso che voglio morire ma alla fine vado in crisi se mi viene un mal di gola.

Ero lì che stavo guardando la tv, tutta in ansia per questa tosse, quando ho fatto 'sto pensiero,
"smetti di essere giovane quando gli unici esami che ti impensieriscono sono quelli medici".
Un pensiero da vecchi, vero? 
Eppure posso assicurare che il mood agée lo desse non tanto il pensiero in sé quanto il plaid sulle gionocchia, io sulla sedia a dondolo e Chi l'ha visto? in sottofondo alla tv.

Eh direte voi la vecchiaia è sinonimo di saggezza e invece nel mio caso no, perché è proprio in quel momento del plaid e della sedia a dondolo e di tutte quelle cose lì che ho deciso di andare nella sala d'aspetto. 
Almeno il dottore mi rassicurerà, mi sono detta.

E quindi vado. Aspetto. Ed entro. 

- Dottore ho la tosse.
+ Ah, bene, è più secca o grassa?

Ma come? Io rischio la vita nella sala d'aspetto e lo chiede a me?! 
Io speravo almeno che me lo dicesse lui visto che io ho la tosse e lui una laurea in medicina. 

Poi va a finire che era tosse grassa.

Niente, torno a casa e mi rimetto sotto al plaid almeno fino al,

- dottore, non mi sento molto bene, ho di scuro preso qualcosa quando aspettavo qui da lei.
+ Ah bene, ma è più tisi o morte? 

Eh.

Lo so che è esagerata come cosa, ma l'ho detto che sono ansiosa, poi da quando il responso è stato tosse "grassa" non potete capire. 
Dai, non si può: caro dottore, tosse grassa lo vai a dire a qualcun'altra. 

blog umoristico, umorismo, LOL, dottore, sale d'aspetto, tosse, mali di stagione

martedì 5 novembre 2013

In Italia

Ero lì, da me, in campagna, con tutta la legna pronta per accendere il camino quando arriva la Franca, 

"Oh, hai sentito che è uscito il nuovo libro di Fabio Volo?"

Proprio così mi fa e continua,

"è uscito la scorsa settimana".
"No, non lo sapevo", faccio io.
"Eh", fa lei.
"Eh", rispondo io.

"Eh, è già primo in classifica", insiste la Franca.
"Ah", rispondo io.
"Già", rincara lei.
"Ma tu pensa", ribatto io.

"Si chiama La strada verso casa", mi dice lei.
"La strada verso casa?", domando io.
"Esatto, La strada verso casa", risponde lei.
"Ah", faccio io
"Mmm", replica lei. 
"Però", dico io.
"Eh", afferma lei.
"Già", faccio io.

"Racconta la storia di due fratelli e un inconfessabile segreto di famiglia", va avanti lei.
"Ah. Però", dico io.
"Già", fa lei.
"Tu pensa", dico io
"Sì", dice lei.
"Già", faccio io.

"Però è proprio vero che in Italia giusto Fabio Volo può fare fort/"

"Eh no", faccio io senza farle finire nemmeno la frase che sono stufa di sentir parlare male di Fabio Volo e dei suoi libri e che in Italia solo Checco Zalone e tutte quelle cose lì che sappiamo tutti.

"Eh no, cara mia, è tutta invidia la tua perché lui vende. E qui in Italia son tutti invidiosi. Magari scrivessero tutti come Fabio Volo. Magari, guarda. Troppo facile dir male di Fabio Volo. E di tutte le sue opere. Troppo facile". 

E qui avrei voluto dire che è ora di finirla di fare gli intellettuali di Sinistra ma non me la son sentita ché adesso andar contro la Sinistra è più facile che andar contro Fabio Volo e quindi ho detto radical chic che è sempre il caso di dirlo.

"Sempre a voler fare questi intellettuali radical chicChe poi magari scrivessi io come Fabio Volo. Oh l'ho detto, guarda. Proprio così e non me ne vergogno: magari scrivessi io come Fabio Volo, ci metterei la firma. Certo, ora non voglio dire che darei una gamba per scrivere come Fabio Volo. Forse nemmeno un braccio. Ma una mano sul fuoco la metterei. 

Ecco, sì: metterei la mano sul fuoco per scrivere come Fabio Volo mentre tengo in mano il libro di Fabio Volo.

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