martedì 16 dicembre 2014

Per le vacanze di Natale

Ai miei amici ho detto che lavoro. Lavoro sempre. Senza sosta. Mi spiace.
Ai colleghi del lavoro ho detto che uscirò a divertirmi coi miei amici.
Ai condomini che sono in vacanza, quindi niente riunione per me, non so quando tornerò.

All’associazione “atei convinti” che mi sto riavvicinando alla fede.
A quelli della parrocchia che ho in programma una setta satanica.

A quelli della piscina che vado al MacDonald.
Al mio rosticciere di fiducia che sto provando a diventare vegana.
E ai vegani ho detto che non stanno salvando il pianeta: creano solo problemi quando andiamo al ristorante in gruppo. Ma questa è un'altra storia.

Ad uno sull’internet ho detto che andrò a casa dei miei genitori e starò in famiglia.
Ai miei genitori che starò da uno che ho conosciuto sull’internet.

In realtà io sono sul divano. E ci starò tutte le vacanze.

Ed è lì che mi ritroverete fino al 6 gennaio. Quindi vi faccio gli auguri già da adesso: ci rivediamo ad anno nuovo. Forse. Ci devo pensare. Ciao a tutti. 


martedì 9 dicembre 2014

Cosa bolle in pentola

Ve l’ho detto no, che ho cambiato casa e non vivo più coi miei?!
Bene, quello che non sapete è che adesso mia madre ha cominciato a minacciarmi e lo fa sempre nella stessa maniera: “Robi, ti mando su l’insalata di riso”.

Già, se l’aveste mai assaggiata sapreste di cosa parlo: l’insalata di riso di mia madre è una cosa che boh, non si riesce nemmeno a spiegare. Potrei dire cattiva ma la sminuirei. Davvero.
L’insalata di riso di mia madre non è solo cattiva.

Poi riesce a farla sempre più cattiva.

Io ogni volta penso “okkey, peggio di così non la può fare” e invece mi sorprende sempre che in un certo senso è pure una cosa positiva: posso dire che mia madre in cucina mi sorprende sempre.

Dovete capire che ogni volta che entro e faccio,
“mmm, cosa bolle in pentola?!”, so già che visto che la pentola è quella di mia madre ci sarà qualcosa di grosso. E che ha sofferto molto. E forse non è nemmeno tanto morto. 

Non fraintendetemi: lei si impegna davvero un sacco ma niente, è un amore a senso unico. Però non demorde: per lei la cucina è come una missione impartitale dall’alto,

“uomo, tu lavorerai con fatica. Donna, tu partorirai con dolore. E tu invece Rita, cucinerai”.

E poi è sempre lì che sperimenta, e fa, e si impegna, e mi cucina di tutto davvero,

“Robi, prendi quel piatto cupo che mamma ti versa il minestrone".

E con cupo con lei si intende triste. 

Però quando fa le minestre sono quasi felice, ché io ho paura di poche cose nelle vita e quelle poche sono le polpette di mia madre. E quando mi chiamava e mi diceva “guarda che stasera ho fatto la minestra” io ero contenta e ringraziavo che non avesse fatto le polpette.

E allora voi a questo punto direte, 
“ma cucinati da sola” e io vi rispondo “calmi tutti” perché c’è solo una persona che cucina peggio di mia madre e quella persona sono io quindi, 
“grande mamma, sei la migliore mandami su l’insalata di riso ché già so che per oggi non mi sono preparata nulla”. <3

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martedì 2 dicembre 2014

Per fare un tavolo

I miei genitori sono tornati da un corso di messaggi subliminali e mi hanno detto che c’è un appartamento in affitto qui a due passi.

E quindi li ho fatti contenti. Tra l’altro me ne sono proprio andata in un’altra città: lo dico anche per rispondere a tutti quelli che mi fanno, preoccupati,
“Roberti’, che fai? Non ti si vede più!”,
è che me ne sono andata a Bologna,

che poi dopo anche a Bologna mi dicano 
“mo, Roberta, mo cosa fai? Mo non ti vede mica più”, da leggere con tipico accento bolognese, è un altro discorso.

Comunque niente, sono andata all’Ikea perché in ogni nuova cosa, io parto col fare shopping. E poi sì, dovevo comprare dei mobili nuovi. 

Per il letto ho fatto coi bancali che mi ha regalato Silvia che io lo voglio ripetere anche qui, è la numero uno :)
I bancali tra l'altro sposano bene il mio essere radical chic con il mio non avere veramente una lira. È venuto benissimo, che nemmeno io credevo potesse venire così bene, in più è pure comodo, che per un letto è una cosa molto positiva, no?!

Ma per il tavolo non ho potuto. In realtà sono stata tanto senza tavolo. Almeno un mese. Che non è un tempo molto lungo ma solo se hai un tavolo. 
Solo quando non hai un tavolo capisci quanto è importante un tavolo. 
Che senza letto non ci puoi stare lo sai anche senza provarci ma senza tavolo ti rendi conto solo quando non ce l’hai il tavolo.
E quindi son andata all’Ikea. Di sabato pomeriggio. Una cosa ammissibile solo se hai un fidanzato. E lo odi. 

Quando vai all’Ikea capisci due cose,
c’è gente più brutta di te che si fidanza e c’è sempre qualcuno coi capelli più sporchi dei tuoi. Sempre.

E l’ho comprato il tavolo. Semplicissimo e lineare perché poi quando vai all’Ikea c’è quella cosa che i mobili te li devi montare e quindi meglio andare sul facile.
Così l’ho preso, son andata a casa e ho iniziato a montarlo.
Un disastro, con tutte quei disegnini, stavo per mandare tutto all’aria quando poi ho iniziato a seguire le istruzioni della canzone “per fare un tavolo”.

E niente, ha funzionato.

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martedì 25 novembre 2014

L'illuminazione

L’ho visto sull’autobus così, per caso, insieme a tanti altri.
Mi è subito sembrato diverso da tutti però non riuscivo a capire cos’era.
Cos’aveva di tanto diverso.

È stata una questione di pochi minuti eh, sia chiaro. Eppure mi ha colpito così tanto.

Forse saranno stati quei suoi modi gentili.
Il fatto che porgesse sempre un sorriso a chi si fermava a guardarlo.
E credetemi, si fermavano in molti proprio perché aveva qualcosa di diverso. Si percepiva proprio.
E non era perché era bello. Cioè, non era brutto. Però di sicuro non era quel bello che ti fermi a guardare.
Almeno non sull’autobus che sei sempre lì, pronto a vedere se si libera un posto e ad intimidire tutti gli altri che l’han visto prima di te. Cioè, io faccio così.
No, non era per la bellezza.

Forse erano i vestiti.
Ma no, non erano i vestiti. Che poi alla fine i vestiti son tutti uguali: o vanno i pantaloni a zampa di elefante e a quel punto metti una maglia striminzita sopra, così bilanci, o vanno i pantaloni stretti in fondo e a quel punto abbondi sulla maglia.
No, non erano i vestiti.

Era qualcosa di diverso ma non capivo cosa.

È sceso vicino all’ospedale.
L’ho seguito con lo sguardo per un po’, sempre per capire.
Forse il modo di camminare.
No, no, non era quello.

Però sono sicura che c’era davvero un qualcosa che lo faceva diverso da tutti gli altri ragazzi che mi è capitato di vedere negli ultimi due anni, toh.

Sono poi tornata a casa mia e ancora stavo lì che mi arrovellavo: volevo capire cos’era. Cosa aveva di tanto diverso quel tipo.

Poi, dal niente, l’illuminazione e mi sono detta,

“oggi ho visto uno senza barba”.

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martedì 18 novembre 2014

Pesce rosso

Ieri mattina, verso le nove e mezza, subito dopo colazione, ho visto di sfuggita Matteo con sua figlia Ludovica mentre, a spasso per il centro della mia città, compravano il giornale per vedere gli ultimi fatti di cronaca.

Ludovica ha circa un anno ed è la sua seconda figlia. 
Prima, ormai tre anni fa, ha avuto Giuseppe, che ha ereditato il nome e il colore rosso dei suoi capelli dal nonno paterno, Giuseppe per l’appunto, che tutti chiamavano Giuseppe, il rosso.

Matteo si è sposato cinque anni fa. 
Prima però è andato a convivere. Una decina di mesi per lo più. Dal principio in una casa in affitto poi ha deciso di comprarne una tutta per sé con un gran giardino in cui regna incontrastato Rocky, il cane più cattivo di tutti i tempi che ogni volta che passo lì davanti mi abbaia a perdifiato. E ringhia per giunta. L’unico suo nemico in grado di metterlo in soggezione è Tigro, un gattone striato che lo guarda con fare disinteressato, anch’esso di proprietà di Matteo.


Non so se ha preso pure un pesce rosso, Matteo. Penso che ci starebbe proprio bene, un pesce rosso. O una tartarughina. Certo però che alcune persone il “lo fa solo per farti ingelosire” lo prendono proprio sul serio eh.

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martedì 11 novembre 2014

Sotto pressione

“Stai mangiando troppa pizza, Roberta”, mi sono detta.
Sì, lo so, non me lo sarei mai aspettata nemmeno io da me stessa ma che volete, si cambia. Si cresce.
E poi è vero che sto mangiando troppa pizza.
È che non so cucinare. Ho fame. E allora pizza. 
Ma non posso andare avanti così e allora mi sono detta basta.

“Basta pizza, Roberta”. Devi mangiare cibi sani. Più nutrienti. Migliori. Migliori della pizza”.

MIGLIORI DELLA PIZZA? 

E via, un altro anno a cercare un cibo migliore della pizza. Passato tra l’altro a mangiare pizza. 

Comunque un cibo migliore della pizza non l’ho trovato e allora mi son concentrata sull’essere sano.
Qual è l’alimento più sano che esiste in natura? La verdura.
E allora mi son detta, “ok, devi mangiare tante verdure tutte insieme senza accorgertene: faccio il minestrone”.

Ma voi lo sapevate che il minestrone ha bisogno di una cottura di oltre quarantacinque minuti?
Sì, certo che stiamo parlando di minestrone surgelato: in che altro modo esiste il minestrone, scusatemi?

Quarantacinque minuti. Un’eternità. Almeno in confronto alla pizza.
Ma lo sapete voi quanto tempo ci vuole ad ordinare una pizza?
Che poi non so se ve l’ho mai detto ma io quando chiamo in pizzeria dico solo “ciao, sono io” e loro hanno già capito che devono fare diminuendo ancora di più i tempi.

Comunque, “quarantacinque minuti son troppi”, mi dico, “vai di pentola a pressione, Robi”.

Ora, voi dovete sapere che a me la pentola a pressione mette un po’ di soggezione.
Sì, ho sempre pensato di non essere pronta per la pentola a pressione.
Mi son sempre sentita un po’ sotto pressione, appunto.

È ormai da un po’ di tempo che vivo da sola ma non me la sono mai sentita di fare questo ulteriore passo: mi inventavo sempre scuse diverse,

“no, no, vivo bene anche così”,
“faccio prima da sola”
“non sei tu, sono io, Pentola a Pressione”.

Ma sapete com’è, si cambia. Si cresce. 
Mi convinco: la provo!

“Massì, almeno fai subito”, mi dico.

E niente, tiro fuori il libretto delle istruzioni, giro pagina e zac, mi taglio con la carta.
Cioè,

mi sono tagliata con le istruzioni della pentola a pressione: pensa tu se posso usare la pentola a pressione.

E quindi niente, ho ordinato una pizza.


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martedì 4 novembre 2014

Dai, seri

Allora ragazzi tenetevi forte che ho trovato una soluzione ad un problema che attanaglia la nostra società.
No, davvero, ho trovato una soluzione così logica che vi farà dire,
“Ehi, Roberta, ma perché non lavori alla logistica?! 
Sei sprecata per quel lavoro che fai, qualunque cosa tu faccia”.

E io vi direi “lo so, lo so”.

No, comunque bisogna che le aziende pensino seriamente alla loro logistica.
Soprattutto per quanto riguarda le spedizioni.
Una volta ho comprato un paio di scarpe sull’internet e c’è voluto talmente tanto prima che arrivasse perché dovevano fare talmente tanti passaggi inutili, che alla fine credevo davvero che ci lavorassi io alla logistica tanto che ho pensato, 
“Mammamia, ma chi c’è alla logistica, io?!”.

Va be’ comunque questo è un altro discorso ma ci tornerò.
Ah, se ci tornerò.
Basta con ‘sto blog spiritoso, sempre a far battute: cos’è questa allegria?!
No, basta.
Questo diventerà un blog serio.
Non voglio sentir ragioni.
Affronteremo temi impegnati, seri.
Già lo scorso post ho affrontato il tema degli stranieri.
E niente, continuerò su questa strada.

Blog serio, temi seri.
Blog talmente serio che sarà noioso come quei film impegnati in cui una macchina viaggia nel deserto.
Nessuno stop.
Nessun incrocio.
Nessuno parla.
Niente di niente.
Film serio.
Blog serio.

Anzi per rendere questa cosa del film serio mi sa che riprendo il blog con una telecamera fissa e metto tutto quanto su YouTube. Pensate che roba, il primo blog su YouTube. 
Ancora non so. Ci devo pensare. Pensare serio.
Non so se lo farò. (Non rubatemi l’idea però).

Comunque proprio perché questo è diventato un blog impegnato voglio affrontare con voi la tematica dei matrimoni gay.

E come vi dicevo ho trovato la soluzione delle soluzioni.
Io dico,

“se non siete gay e siete contro i matrimoni gay non vi sposate con un gay”.
Bona lì.

Eh?
Voi che ne pensate?
Fatemi sapere commentando qui sotto ma mi raccomando seri.

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martedì 28 ottobre 2014

Se ne tornino a casa loro

L’ho vista da lontano quella macchinina strana proprio in mezzo alla mia via.
Andava piano tanto che ho cominciato a rallentare.

“Guarda tu adesso questa quanto tempo mi fa perdere eh”.

Rallento. Rallento. Rallento ancora un po’ ed ecco, sono proprio dietro di lei.
Macchina strana, targa gialla, lo sapevo.

Niente, va piano. Pianissimo. Cinquanta chilometri orari. 
Imbocchiamo una strada con l’obbligo dei trenta e lei che fa? 
Va ai trenta.
Da non credere.

Io sempre dietro.

Prima rotatoria e lei mette la freccia. Sia per entrare che per uscire.
Che io dico “è una rotatoria: chissà che devi fare? Entri ed esci. Semplice. Non servono le frecce".

Poi, vicino ad una scuola rallenta ancora un po’.
Ma Darwin l’ha mai studiato questa qui? Se rallenti la selezione naturale se ne va a quel paese. Ma io non so eh.

Davanti a noi adesso c’è pure una bicicletta.

“Eh supera, no!? Chissà che aspetti?! Anche se siamo in curva, tanto si vede che non arriva nessuno, supera, dai”.

Niente. Stiamo dietro.

Poi arriviamo alle strisce pedonali. 

La macchinina strana con la targa gialla rallenta e si ferma per far passare i pedoni.
Loro si guardano un po’ spaesati: non sapevano davvero che fare. 
E si indicano come a dire “io? Posso passare io? Sei sicura?”. 
Alcuni hanno l’aria un po’ torva come a pensare, 
“guarda te che questa che si è fermata adesso fa succedere un incidente, guarda tu eh”, però poi alla fine attraversano lo stesso.

Io ancora dietro la macchinina strana con la targa gialla sono davvero senza parole: 

questi stranieri vengono a casa nostra e vogliono fare come dicono loro.

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martedì 21 ottobre 2014

La testa

Stasera mi devo preparare la cena.
Ci credereste mai? 
Io, Roberta Frulla, alle prese con cucina e fornelli.
Proprio così.

È perché ho mal di testa.
Un mal di testa atroce.
Una cosa mai sentita.
Un dolore così forte che mi passa da parte a parte e che mi ricorda che ce l'ho, una testa.

Io quando ho il mal di testa mi devo preparare la cena.
C'è chi dorme. Chi si rilassa. Chi esce a farsi due passi.
Io mi devo preparare la cena.

È successo così,
vado da mia madre e le dico che mi fa male la testa, come vi dicevo, un dolore che mi passa da parte a parte e via così, le dico anche quella cosa che mi ricorda di averla, la testa, e lei non ride. Visto che ha pagato per la mia istruzione, non ride.

Bene, le chiedo qualcosa per il mal di testa.

Mi dice dei fiori, mi parla di omeopatia, yoga. 
Non capisco nemmeno bene.
Non capisco perché le va di scherzare con la figlia che sta per morire.
Ma soprattutto mi chiedo quando ha mai pensato di avere una figlia frikkettona, che sarebbe ben più grave di ogni mal di testa umanamente conosciuto, ma va be', vado avanti.

Sono stata più chiara, 
"mamma, ho mal di testa: dammi la morfina che mi spetta".
Lei ride e dice che non può prescrivermela.

Io allora le dico che quella laurea in Farmacia che c'ha se la può anche appendere al cesso se non può prescrivermi la mia morfina.

Capite adesso perché quando ho mal di testa mi devo preparare la cena?!

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martedì 14 ottobre 2014

Sabato sera alla discoteca

Sabato sera sono andata in discoteca.

E devo dire non è una cosa che mi capita molto spesso. 
Sì, non mi capita molto spesso di andare in discoteca. 

Le mie uscite sono più,
“ci incontriamo al parcheggio del cimitero poi decidiamo dove andare al limite restiamo lì”, che magari a voi non sembra nemmeno un’uscita ma tant’è.

L’ho fatto per voi.
Devo movimentare il blog. Devo avere qualcosa da scrivere. 
Qualcosa di nuovo. 
Qualcosa di figo. 
Qualcosa di “yeaaaaaaa, raga, è qui la festa?!” che penso che non si utilizzi più dal ’96 ed è un motivo in più per uscire e fare qualcosa di cool, no?. 

Soprattutto qualcosa che sembra cool a voi perché a me la storia del cimitero già mi appassionava ma va be’, non importa.

Stasera vado alla discoteca. (cit) 

Gente che urla, gente che si muove, gente che suda, gente che gente.
Il tutto poi vicino a me.
A me non sembrava molto divertente però per voi questo e altro.

In più tutti sembravano divertiti parecchio.
Suuuu le maniiiiiii.
E le alzavano le mani.
Io no perché erano impegnate a tenere i due cocktail che avevo preso per scordarmi di essere in una discoteca e mi ripetevo “devo capire cosa fate il sabato sera. Se non siete in un parcheggio del cimitero, che fate?”.

Poi ho visto uno che è andato dal barista, han parlato un po’ e poi ha leccato tutto il bancone del bar.
Per cui mi sono detta “ecco cosa fate quando uscite il sabato sera: prendete l’epatite”. 

E allora mi sa che al parcheggio ci rivediamo presto.

Video da Youtube Exchpoptrue - Discoteca

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martedì 7 ottobre 2014

Perché dovete vedere Harry Potter


Certo che non ho mai letto Harry Potter, non ho mica dieci anni.
Ho visto tutti i film, però. Tutti e otto.  
Ed è proprio per questo motivo che devo convincervi a vederli anche a voi. 
Anche perché se volete rimanere su questo blog e capire qualcosa di quello che dico li dovete vedere per forza.
Tipo che se non li avete visti almeno una volta non potete capire certe cose. 
Tipo quando dico "dieci punti a Grifondoro". Non capireste.
Se non avete visto Harry Potter vi mancano proprio le basi per capire. Che poi dopo io, in tre anni che son qui, non l'abbia mai detto è un altro discorso. Ma anche nella vita vera l'ho detto solo una volta al convegno mondiale di Medicina d'Urgenza in cui, caso ha voluto, che Grifondoro fosse anche il nome di un vescovo o di un cardinale, non ricordo più, hanno pensato ai punti di sutura e niente, carriera finita: ho dovuto iniziare a fare la Social Media Manager. 

Poi Harry Potter ti spiega proprio come va la vita.
Tipo che tu ti sbatti in tutti i modi, diventi il mago più bravo e in gamba di tutti con sacrifici e notti a studiare e alla fine arriva Harry Potter e vince lui. Sempre. Anche quando pensi che potresti farcela contro di lui e sei un rossiccio senza una lira, fai di tutto per stare con Emma Watson e pensi "ah Harry Potter, questa volta ti ho fregato" e invece no, perché lui ti si mette con tua sorella. Quindi primo insegnamento di Harry Potter: non sbatterti mai per niente perché tanto non sei Harry Potter. Se sei Harry Potter puoi non sbatterti perché tanto sei Harry Potter.

Secondo punto, dopo aver visto Harry Potter non farai più nessuno sport perché tutti ti sembreranno niente a confronto del Quidditch. Cioè, dai, si gioca con una scopa volante. Una scopa volante. Che infatti ogni volta che lo vedo mi chiedo "ma perché si faranno la guerra che hanno UNA SCOPA VOLANTE?!". Io starei tutto il giorno su quell'aggeggio. Sarei la gioia di mia madre
- Robi vammi a comprare il latte.
- Okkey mamma con la mia Nimbus 2000, volo.

Certo, ho paura di volare però credo che la userei comunque.

Poi se ci fate caso in Harry Potter va sempre tutto bene e in questo periodo ho bisogno di sapere che andrà tutto bene. Inizia male, malissimo, anche per Harry Potter che già dal primo minuto del primo film rischia la vita e io sono lì sulla poltrona che dico, "rilassati Harry Potter: otto film si chiamano come te, non puoi morire adesso, non al primo minuto del primo film". 
E poi credo che anche per me sarà così: sono solo nel momento che "è iniziata malissimo", ecco tutto.

Anche il cattivo mi piace di Harry Potter. Voldemort. Cioè, non ha il naso. Io per il mio ho dovuto appiccicraci sopra un codice QR: gli sono vicina.

E non dimenticatevi la fantasia. Lo dovete vedere anche solo per quello.
Quanto è bello Harry Potter, fantastico. Proprio che non ci si crede: incantesimi, sortilegi, draghi creature mitologiche e un'orda di adolescenti tutti insieme che per tutte le tre ore del film non tira mai fuori dalla tasca dei jeans un iPhone è controlla il profilo Facebook: davvero incredibile!

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martedì 30 settembre 2014

Sono in ritardo


Sono in ritardo per il post di oggi, lo so.

Di solito lo metto la notte, dopo mezzanotte che sembra lunedì ma invece è martedì.
Mi piace questa cosa. La sorpresa.
Comunque è andata così.

Sono in ritardo. Lo so.
Che alla fine è molto meglio di avere un ritardo. 
Almeno per me. 
E anche per un mio possibile figlio che sarebbe costretto a stare con me che sono sempre in ritardo.

A volte, la mattina, non sono in ritardo ma già so che sono in ritardo.
Tipo che devo essere in ufficio alle nove e sono le otto e cinquantanove e non sono in ritardo per un minuto ma sono ancora in pigiama. Quindi non sono in ritardo ma sono già in ritardo, insomma.

In gioventù era proprio una prassi,
"allora contando che sono le cinque 
e alle cinque e venticinque devo incontrare la Marta e Giovanni al parcheggio, 
parto da casa alle cinque e tre quarti".

Un classico.

Poi mi son trovata senza amici. Che non so se la Marta e Giovanni si erano stancati dei miei continui ritardi o se erano davvero partiti alle cinque e venticinque.
Chissà.

Ma anche adesso del resto questa cosa del ritardo mi sta dando problemi: oggi ho letto il mio oroscopo, 
"questa sarà la migliore settimana di tutta la tua vita". Era della settimana scorsa.


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martedì 23 settembre 2014

Tutto quello che dovete sapere sulla Scuola

Allora,
è ricominciata la scuola.
E da un po’ direte voi.
E quando mai sono sul pezzo, vi rispondo io.

Per quello poi che c’è da dire sulla scuola.
Niente.
Anzi no, l’unica cosa che c’è da dire sulla scuola è no.
No.

L’unica. 

No.

A domanda quindi rispondete no.

- Cosa c’è da dire sulla scuola?
- No.

- Scuola?
- No.

Che anche a comprensione del testo non ci siamo proprio e così sottolineiamo che la scuola proprio no.
Signore, signori, la scuola no.

Poi altra cosa che potete dire è che chi ha fatto il Classico dice che ha fatto il Classico. 
O anche il Ginnasio. Chi ha fatto il Classico non vede l’ora di dire Ginnasio. Che a volte lo forzano pure come tempistica,

- Eh era l’anno della patente: avrò fatto la quarta ginnasio.
- Ma come? A diciotto anni?
- Eh sì, ero al ginnasio.

Oppure, 

- eh mi sono sposato a trent’anni, in terza ginnasio.
- Ma come?
- Eh sì perché se tu conti che…

Comunque se vi posso dare un consiglio non contradditeli sugli anni e sul contare gli anni e sul contare qualcosa in generale quelli del Classico che, si sa, tanto bravi su tutto ma dategli da contare qualcosa e vi sembreranno me, che non ho nemmeno fatto il Classico.

Infatti, dicevo, chi come me ha fatto lo Scientifico dice che ha fatto il Liceo e spera che gli altri pensino al Classico.
Nessuno dice, 
“quando ero allo Scientifico”.
Nessuno.

Tutti gli altri invece dicono superiori.
"Ho fatto le superiori".

E gli riconosci da chi ha fatto il Liceo o il Classico perché quando scrivono al computer non guardano la tastiera.

Stop.
Ecco cosa si può dire sulla scuola che è appena iniziata.
Basta.

Che tanto non è basata sul merito lo sappiamo.


E per fortuna, dico io, ché se non fosse così sarei ancora in prima Liceo con la mia tuta dell’Adidas in acetato a correre per quel dannato test di Cooper.

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Immagine di Sheldon Cooper biecamente utilizzata nella speranza di attirare più visitatori al Blog 

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martedì 16 settembre 2014

Say HEY

Incontro mio nipote per strada e lui nemmeno mi saluta.

Fa proprio finta di non vedermi.
Io “ciao Marco” e lui niente, tira dritto.

Questa volta non ha nemmeno una scusa: pieno giorno, strada stretta in cui c’eravamo solo io, lui e una tipa insieme a lui che tra l’altro mi ha pure salutata quindi è impossibile che lui non mi abbia visto.

Io non dico che si dovesse fermare a parlare con me, ci mancherebbe altro.
Non pretendevo nemmeno un "come stai? Oh Robi, come stai, tutto bene? I tuoi? Il Lavoro? Tutto ok?"
No, no. Per carità, non voglio rubargli del tempo.
Ma dai, un "ciao".

- Ciao Marco.
- Ciao Robi.
Punto.

Roberta toh, se Robi può sembrare troppo confidenziale. 
Anche se solo due giorni fa siamo andati al ristorante insieme e oggi pensi che Robi sia troppo confidenziale. Ma va be', ci può stare.

Non lo so, forse si vergogna di me.
Non lo so davvero.
Comunque ora basta. 
Quella di oggi è stata l’ultima volta, non lo saluterò più nemmeno io: così vediamo chi di noi ha davvero due anni. 

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martedì 9 settembre 2014

Speriamo

In questo periodo di incertezza generale, in cui le unioni sentimentali durano un battito di ciglia o poco più, dovremmo essere tutti d’accordo su alcuni punti secondo me imprescindibili per andare avanti che, sempre secondo me, si possono riassumere in,

se è senza uova non è una frittata. Non può esserlo. Smettetela di chiamarla “frittata senza uova”, non state dicendo nulla. 

- Ho cucinato una “frittata senza uova” e Gianni mi ha detto che era buonissima.

Gianni mente, cara mia e quando ti ritroverai a piangere in bagno pensando,

"Gianni diceva sempre che ero l’unica per lui", ricordati della “frittata senza uova” e che ha fatto bene a lasciarti.
La frittata senza uova non esiste. È l’antimateria. Basta. 

Poi, quando due si lasciano perde chi per primo si iscrive a yoga.
Non ci sono scuse che tengano: se ti lasci e poi ti iscrivi a yoga per primo, hai perso.

Non importa che tu dica 
“devo trovare il mio equilibrio”, oppure “mi fa sentire meglio” o peggio, “l’ho fatto per questa contrattura che ho qui alla scapola destra”, che anzi se inizi con la scusa del “mi fa male qui” ci passi pure per vecchio e hai perso due volte, o tutte le altre scuse che puoi trovare, no, hai perso tu”. 
Aspetta, quindi. 
Aspetta che lo faccia l’altro. Oppure iscriviti ma sappi che hai perso.

E tu dirai “ma non abbiamo più quindici anni: non possiamo fare questi giochetti”.

Certo, hai ragione, non possiamo: però hai perso tu. 
E aggiungerò anche un “gne gne gne”. Così, perché hai perso.

Infine quando forse anche grazie allo yoga ritroverete l’amore ricordatevi che è amore solo se gli piacciono le tue fototessere.

Perché l’amore è cieco. Speriamo.

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Immagine Lynn Terry Photography

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